Carum carvi L.

Carvi o cumino dei pirati

Carvi: dal latino carvi, arabo karawija, greco kàron.
Plinio dice che il nome deriva dal paese da cui viene la qualità migliore di Carvi: la Caria.
Cumino: dal latino cyminu(m), greco kyminon, di origine semitica.
Il Carum carvi non deve essere confuso con il Cuminum cyminum, anch'esso chiamato Cumino, più diffuso nel Mediterraneo orientale di quanto non lo sia nelle nostre aree.

Carvi o cumino dei pirati
Carvi o cumino dei pirati

Genere Apiaceae (Umbelliferae)

Sinonimi Apium carvi, Carum velenovskyi, Foeniculum carvi, Seseli carum

Altri nomi Anice dei Vosgi, Cimino dolce, Coriandolo tedesco, Cumino montano, Cumino tedesco, Kummel

L'uso in cucina

Le foglie giovani possono essere impiegate per aromatizzare insalate e minestre, le radici possono essere consumate cotte, ma la parte più importante della pianta sono i frutti, molto piccoli e quindi spesso impropriamente chiamati semi, usati per conferire un caratteristico gradevole aroma a piatti di carne, in particolare le carni grasse, a piatti di pesce, a minestre, formaggi, pane, biscotti e torte, alle verdure conservate sotto aceto ed ai salumi. Plinio asserisce che l'impiego del Carvi è fondamentale nell'arte culinaria. Il Mattioli nel 1557 scrive “È il suo seme assai in uso appresso � i Tedeschi per metter nel pane, & in assai lor condimenti de cibi.” Gli ebrei osservanti nel giorno festivo di shabbat mettono in tavola il chale, pane kasher, cioè ritualmente puro, a forma di treccia, bianchissimo, con semi di Cumino. Gli inglesi preparano con i frutti del Cumino dei prati una loro tradizionale torta. Una ermetica ricetta del Trecento insegna: “Se vuoi solcio (condimento) d'estate. Togli la carne cotta e fredda, mettivi cipolla maligia tagliata in quartieri, polvere di comino, buono aceto e farina fatta la mattina per la sera” Il gastronomo romano Apicio, che la leggenda dice si suicidò per il terrore della miseria e della fame, quando si rese conto che il suo patrimonio ammontava solo più a dieci milioni di sesterzi, nella sua famosa raccolta intitolata De Re Coquinaria, riporta la ricetta della poppa di scrofa ripiena, aromatizzata con il Carvi. Lo storico genovese Rebora cita due ricette portoghesi dei tempi di Colombo, per cucinare la pernice ed il coniglio, nelle quali gli aromi sono Carvi, pepe e zafferano. Si ritrova il Cumino, con altre spezie, in una ricetta rinascimentale del cuoco Maestro Martino, che spiega come cucinare una vitella od un cervo interi, ricoprendoli poi con la loro stessa pelle per far sì che “parano vivi”, ammonendo però “che aconzare (acconciare) questi ingegnj de Animali bisogna che lo coco non sia pazo ne semplice imo gli bisogna havere grande Cirvello (cervello)”, chi volesse tentare l'impresa in casa propria è avvertito della difficolt� ! Una ricetta di Bartolomeo Scappi, illustre cuoco del XVI secolo, impiega “quattro oncie di comino pesto … per fare una cominata alla Romanesca”. Potrebbe trattarsi di Cuminum cyminum invece che di Carum Carvi, ma vale la pena di ricodare che per preparare questa pietanza occorrono: “… quattro piccioni … una anatra … due grugni, & due orecchi di porco, et una libra & meza di barbaglia d'esso porco salata … quattro libre di coste di vaccina … et volendola fare in giorno di magro in loco di carne mettavisi un luccio grosso ovvero una merluccia …” Il Carvi è usato in liquoreria per la preparazione del celebre digestivo Kummelwasser, di tipica produzione tedesca; in pasticceria; nella preparazione di alcune forme di pane speciali; per aromatizzare formaggi di produzione artigianale.

Proprietà medicamentose

La parte della pianta che si utilizza maggiormente sono i piccoli frutti che maturano nel luglio-agosto dell'anno successivo alla semina.
Recenti lavori di ricercatori dell'Università di Rajasthan, in India, hanno dimostrato proprietà antibiotiche dei frutti del Carvi.
Ai frutti del Carvi sono state attribuite principalmente proprietà digestive, diuretiche e carminative, già citate da Galeno, nelle dispepsie, flautolenze, gastralgie e coliche, specialmente per i soggetti ipocondriaci ed isterici; ma anche virtù antispasmodiche (clisteri), emmenagoghe, galattogoghe, stomachiche, sudorifere e vermifughe.
Per uso interno se ne fanno infusi o i frutti sono fatti macerare nel vino bianco per curare le morsicature degli animali velenosi, per curare l'asma, per facilitare la secrezione gastrica e curare i disturbi di stomaco.
Per gli stessi usi alcuni suggeriscono di masticare i semi (frutti).
Attenzione agli abusi: l'essenza del Cumino dei prati è tossica e dosi troppo elevate possono produrre persino congestioni cerebrali e delirio.
Per uso esterno se ne fanno decotti antisettici e parassiticidi, da usarsi anche per sciacqui e gargarismi.
Il Cumino è anche usato per rendere gradevole il gusto e l'odore di alcuni preparati farmaceutici.
Una celebre opera del XII secolo, De causis, signis atque curis aegritudinum (Cause e cure delle infermità), cita il Cumino tra gli ingredienti di una complicatissima ricetta contro l'epilessia o mal caduco, con sangue di talpa, becco di anatra femmina, zampe d'oca e fegato di animali ed uccelli. Non si tratta di un testo di stregoneria, ma di un autorevole trattato di medicina della santa badessa benedettina Ildegarda di Bingen!

L'impiego nella cosmesi

I frutti del Carvi, nell'acqua del bagno, hanno un effetto stimolante sul sistema circolatorio; masticati, dice Dioscoride, fanno buona la bocca.

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